venerdì 26 ottobre 2012

Come fare per approvarsi? Accettazione-repressione, pensiero ed azione



Se te lo concedi puoi rinunciarvi, se non te lo concedi sarà irrinunciabile.
- Oscar Wilde -

Vorrei parlare oggi di un argomento non molto facile e sottile, ricco di sfumature e di difficile circoscrizione: sto parlando dello scivolosissimo terreno dell'approvazione e della repressione.

Ovunque si trova scritto quanto sia importante approvarsi e alcuni consigliano di ripetersi centinaia di volte al giorno frasi di approvazione. Sicuramente l'approvazione verso se stessi è un mattone fondamentale per la nostra autostima, tuttavia tra i blasonatissimi sostenitori delle affermazioni, nessuno spiega realmente come si arrivi a questa benedetta approvazione, da quanto mi risulta dicono che ripetere centinaia di volte al giorno "io mi approvo", porti a dei risultati sicuri. Come già ho avuto modo di sottolineare in altri post, sono tutti bravi a dirti "Approvati totalmente!" Ma nessuno ti dice che cosa realmente fare, in che modo farlo e fino a che limiti, sì, perché attenzione anche approvarsi con modalità sbagliate può portare alla rovina! Vediamo di scendere meglio nel dettaglio.



Per molte, moltissime persone, approvare un pensiero significa metterlo in pratica, tradurlo in azione. "Io la sento così, quindi la metto in pratica così!", "il mio terapeuta mi ha detto che non devo reprimere niente, quindi mi concedo quello che mi va". Io credo che ci sia un bel po' di confusione.

Bisogna tenere presente un discorso fondamentale: il pensiero/emozione e l'azione possono essere svincolati l'uno dall'altro. Anche se molti potranno rimanere perplessi di fronte a questa mia affermazione, permettetevi di dimostrarvi quanto in realtà ciascuno metta in pratica quotidianamente questa cosa.

Quante volte nelle situazioni della vita di tutti i giorni ci sono state persone che vi hanno fatto arrabbiare al punto che avreste voluto lanciargli/le un oggetto o saltargli/le addosso per fargli/le ripagare il torto subito? Quante volte avreste voluto agire con violenza nei vari contesti della vita? E quante volte non lo avete fatto perché agire in quel modo vi avrebbe soltanto portato a mettervi in guai seri? In  casi come questo, quanti si sono concessi di esprimere la loro rabbia successivamente magari parlando con un amico o tirando un innocuo pugno contro la scrivania? Credo che sia capitato un po' a tutti.

In un esempio come questo risulta evidente che il pensiero può avere una sua autonomia, anche se non viene messo in pratica. Certo, talora molte persone si lasciano sfuggire la situazione di mano e finiscono in situazioni punite dalla legge ed è evidente che per loro la distinzione tra pensiero ed azione è molto lontana. L'azione è molto importante, ma agire tutto quello che passa per la testa è ovviamente da sconsiderati!



Perché mi preme sottolineare questa distinzione in questo blog di benessere psicologico? Perché moltissime persone, purtroppo, o finiscono con l'agire sconsideratamente o, NELLA MAGGIORANZA DEI CASI, CON IL CONTRASTARE I LORO STESSI PENSIERI PER SFUGGIRNE! Molti tentano di risolvere le situazioni psicologiche cercando di eliminarne la causa ritenuta scatenante, evitando o tentando di cambiare o controllando i pensieri.

Numerose persone pensano purtroppo che controllando i loro pensieri riusciranno ad avere il controllo della loro vita. Niente di più falso e controproducente! Ogni volta che mi imbatto in titoli di libri o di articoli tipo "controlla i tuoi pensieri" o simili, devo dire che mi viene la pelle d'oca! Io piuttosto vedo come sottotitolo a questi promettenti e illuminati saggi: "come sviluppare patologie mentali e rovinarsi la vita!". Gli autori di questi scritti in realtà sono molto furbi, poiché sanno benissimo che una delle cose che molti vorrebbero sarebbe quella di imparare ad eliminare i pensieri scomodi a comando! A quanti piacerebbe eliminare a comando i pensieri di tristezza o di paura? Immagino a tantissimi!

Ma vi siete mai chiesti come mai i bambini piccoli possano passare dal pianto al riso in pochi istanti? Vi siete mai chiesti come mai in loro la tristezza dura poco? La risposta è solo che essi approvano il loro stato emotivo, poiché non hanno ancora sviluppato tutta l'impalcatura di giudizi sulle emozioni che le classificano in emozioni belle ed emozioni brutte. Quindi ti starai chiedendo: come mai invece poi le emozioni diventano come fossilizzate? Come mai ognuno di noi sembra provare sempre le stesse emozioni ricorrenti? 
La risposta sarebbe molto articolata, ma sommariamente possiamo dire che quell'emozione ricorre perché non è mai stata accettata totalmente. Quell'emozione torna di nuovo perché è come se cercasse una via di uscita, come se cercasse di essere liberata attraverso l'accettazione: significa che fino ad ora abbiamo messo in atto dei meccanismi per risolvere la situazione o per evitarla, ma che non ci siamo mai CONCESSI di fare quel pensiero o sentire quell'emozione. Ogni emozione e pensiero hanno bisogno di essere accettati ed approvati per essere liberati. ATTENZIONE HO DETTO EMOZIONE E PENSIERO, NON COMPORTAMENTO ED AZIONE. Mi preme di nuovo sottolineare questa differenza poiché NOI SIAMO RESPONSABILI DELLE NOSTRE AZIONI, mentre i nostri pensieri e le nostre emozioni è bene che rimangano liberi. 

Signori, la vera repressione non è non mettere in pratica un pensiero, ma il cercare di cambiarlo o di non averlo! OGNI VOLTA CHE TENTI DI SFUGGIRE AD UN PENSIERO O TENTI DI CAMBIARLO IN REALTA' TI STAI REPRIMENDO E PIU' FORZA DI VOLONTA' IMPIEGHI NEL FARE QUESTO E PIU' PUOI STARE CERTO CHE STARAI MALE, MOLTO MALE! Questo atteggiamento è infatti la causa di moltissime patologie psicologiche tra cui disturbi ossessivi compulsivi, attacchi di panico e veri propri malesseri psico-fisici che possono portare a sentirsi completamente privi di energia, fino a non riuscire più a fare le cose che fino a poco tempo prima sembravano banali.

URLO_paura
Giacomo Piazzesi: Urlo, paura
Le motivazioni che possono portare a questo atteggiamento verso se stessi possono essere moltissime se non quasi infinite e ovviamente i sintomi possono avere vari livelli di intensità.
Combattere contro sé stessi è una partita persa in partenza, eppure il condizionamento che abbiamo è talmente forte e potente da far cadere moltissime persone in cose come queste.



Ma scendiamo sul piano pratico e inizio dicendo che se pensi di aver di aver bisogno di aiuto, per prima cosa ti consiglio di essere seguito da un valido professionista:  è la cosa migliore perché ogni caso è diverso dall'altro e può richiedere un intervento specifico.

Rimanendo in una linea generale rimane di una verità sconcertante la celebre frase di Oscar WIlde che ho citato nell'incipit del post: "Se te lo concedi, potrai rinunciarvi, se non te lo concedi sarà irrinunciabile". Sì signori concedersi un pensiero o un'emozione fa sì che questo scompaia autonomamente, senza altri interventi di volontà! Prossimamente dedicherò dei post più specifici, ma tenete sempre in mente che se avete un'emozione o un pensiero ricorrenti, fino a che non vi entrerete nel mezzo e vi passerete attraverso,  non passerà mai. Se continuerete ad evitare o continuerete a cercare di eliminare la causa del problema, state sicuri che come minimo continuerete a mantenerlo, se non andrete addirittura a peggiorarlo. Come dicevo all'inizio di questo post, il discorso è complesso, ma al contempo è talmente semplice che un bambino nei primi anni di vita lo mette in pratica senza avere una mente ancora sviluppata.

Che significa quindi approvare un pensiero o un'emozione? E in che modo possiamo agire nella pratica senza recare danno a noi stessi o agli altri?

Facciamo un esempio semplice ma esplicativo tratto da un libro di Giorgio Nardone: Marito e moglie sull'orlo della rottura del matrimonio chiedono un intervento terapeutico poiché lui non resiste più agli attacchi di rabbia e lamentele della moglie. Nonostante i tentativi di cambiare la cosa da parte di entrambi sembra che oramai l'unica soluzione sia la rottura del rapporto. Il terapeuta prescrive ai coniugi di dedicare tutti i giorni un tempo prestabilito allo sfogo della moglie verso il marito. A lui viene chiesto di rimanere in religioso silenzio per tutta la durata dell'esercizio terapeutico, mentre lei  avrebbe dovuto aspettare quel preciso momento della giornata per poter scaricare i suoi attacchi d'ira e di lamentela, esasperando un po' le modalità di sfogo. In altre parole viene prescritto che la moglie si conceda tutti i suoi pensieri in un tempo però circoscritto e senza la reazione del marito. Alla seduta successiva i due dichiarano che il loro rapporto sembrava migliorato e che, dopo i primi giorni, la moglie facesse sempre più fatica a trovare la forza e le argomentazioni per continuare con il suo sfogo.

Questo è ovviamente uno stratagemma costruito ad hoc per i due coniugi. Ma di fondo viene applicato il principio dello sfogo del pensiero in un contesto accettabile, per causarne l'estinzione. Se mi concedo di giudicare e non accettare certe cose in un contesto che non provoca conseguenze agli altri, non solo ottengo che quell'emozione intervenga sempre meno nelle situazioni della vita quotidiana, ma ottengo anche l'accettazione della parte di me che prima risultava scomoda.



Un altro ottimo metodo in questo senso è l'utilizzo della scrittura, che permette di sfogare una sensazione, bloccando naturalmente gli altri metodi di risoluzione del problema. Le applicazioni del metodo della scrittura sono molte e si riferiscono a tutti quei casi in cui la persona ha necessità di sfogare un'emozione, una preoccupazione, un dubbio smettendo di cercare di risolvere il problema con soluzioni razionali che non funzionano. La razionalità è uno strumento che funziona in moltissimi casi della vita, ma spesso per problemi psicologici non fa altro che complicare il problema, poiché la mente non sempre segue il pensiero lineare. Una soluzione che funziona è entrare dentro l'emozione, pensiero, dubbio e permettergli di sfogarsi fino alla sua totale estinzione. Talvolta le nostre emozioni condizionanti sono state per così lungo tempo non accettate e rinchiuse nella cassaforte delle "cose da non pensare", che non è sempre immediato trarle fuori, ma il rendersi conto che la direzione del benessere psicologico è questa, fa sì che passo per passo si arrivi ad una accettazione completa di noi stessi. Concedersi scrivendo pensieri di paura, rabbia, invidia, insicurezza, dubbi, preoccupazioni eccessive, pensieri ansiogeni, in periodi di tempo circoscritti (per esempio 20 o 30 minuti) ed esasperando un po' volontariamente questi stessi, fa sì che essi si sfoghino e vadano a calare. Molti addirittura riportano che, nel momento in cui cercavano di produrre spontaneamente quei pensieri, o tendevano ad addormentarsi o addirittura avevano pensieri positivi! Udite udite miei cari lettori, mentre fate questo esercizietto psicologico, che cosa mai pensate di fare? VI STATE ACCETTANDO ED APPROVANDO IN UN CONTESTO POSSIBILE E ASSOLUTAMENTE INNOCUO. 

Detta così, lo so, molti diranno "la fai facile tu"! Ovviamente c'è da avere a che fare con le naturali resistenze al cambiamento e, ancora peggio, con i sensi di colpa. Molti si colpevolizzano di fronte a dei sintomi psicologici, di fronte a pensieri ricorrenti o limiti. Questo è normale ed è comprensibile e l'unica strada per uscirne è arrivare all'accettazione anche del senso di colpa stesso, in altre parole è necessario concedersi pensieri di colpevolezza, magari scrivendo, ma senza MAI mettere in pratica quello che direbbe di fare il pensiero di colpa. Io credo, per esperienza personale su di me e su altre persone, che se prima non si accetta e ci si libera del senso di colpa, il resto delle emozioni rimarrà più difficile da liberare. Molti dicono di prendersi la responsabilità ma non il senso di colpa, ma di nuovo non spiegano come si faccia! Io sostengo che la responsabilità non sia nient'altro che il senso di colpa accettato: una volta concessi i pensieri di colpa, nasceranno spontaneamente pensieri di sana responsabilità, da seguire e trasformare in pratica.


Anche la meditazione cerca di portare all'accettazione di se stessi svincolandosi dall'azione, ma passa attraverso una via decisamente più difficile per noi occidentali, quella della totale inazione. Per la nostra cultura è molto difficile giungere a non agire e l'uso della pratica meditativa, seppure sia altamente consigliato, non è di facile impiego per molte persone e possono essere richiesti anni di pratica prima di vedere dei risultati a livello della vita quotidiana. Meditare fa molto bene e se una persona se la sente è bene che inserisca la meditazione tra le sue attività, ricordiamoci però che noi viviamo adesso e che è giusto che adoperiamo la soluzione migliore per vivere  meglio in pace con noi stessi fin da subito!



Grazie a tutti!

1 commento:

  1. Salve, mi sorge un dubbio rispetto allo sfogo dinnanzi ad un coniuge in silenzio. Potrebbe tanto sfogo, rabbia e rancori detti accrescere la distanza invece di un riavvicinamento?

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